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                         Prefazione 
                          di Roberto Gualtieri e José Luis 
                          Rhi-Sausi 
                           
                            La Questo 
                          rapporto vede la luce in uno dei momenti più 
                          deli-  
                          cati dell’intera storia della costruzione europea, 
                          in cui le prin-  
                          cipali politiche dell’Unione e le maggiori conquiste 
                          da essa  
                          rea lizzate nel corso dell’ultimo quindicennio 
                          sono sottoposte a  
                          fortissime tensioni. Se, infatti, a partire dal 2010 
                          l’impatto della  
                          crisi economico-finanziaria sull’Unione monetaria 
                          ha messo in  
                          evidenza i limiti e le asimmetrie del modello di governance 
                          eco-  
                          nomica definito nei trattati, nel corso del 2011 le 
                          conseguenze  
                          della «primavera araba» si sono riverberate 
                          con forza sulle di-  
                          mensioni dell’azione dell’Ue che più 
                          di altre erano state interes-  
                          sate dai cambiamenti del nuovo quadro istituzionale: 
                          la Politica  
                          estera e di sicurezza comune (la Pesc) con la sua «ancella» 
                          Po-  
                          litica di sicurezza e difesa comune (Psdc) e lo Spazio 
                          di libertà,  
                          sicurezza e giustizia (Slsg).  
                          Il tutto in un contesto politico che vede le attuali 
                          classi di-  
                          rigenti europee fortemente condizionate da un «primato 
                          della  
                          politica nazionale» e che, sul piano istituzionale, 
                          si traduce  
                          nella tendenza a privilegiare il metodo intergovernativo 
                          rispetto  
                          a quello comunitario e, sul piano politico e programmatico, 
                          è  
                          caratterizzato da un impianto conservatore, se non da 
                          un vero  
                          e proprio slittamento a destra. Quest’ultimo, 
                          però, da un lato  
                          non sembra rappresentare un argine all’ascesa 
                          di forze populi-  
                          ste, dall’altro ostacola l’assunzione di 
                          scelte adeguate alle nuove  
                          sfide economiche, sociali e politiche che il contesto 
                          internazio-  
                          nale presenta all’Europa.  
                          Per quanto riguarda la crisi economico-finanziaria, 
                          non c’è  
                          dubbio che le innovazioni introdotte a partire dalle 
                          tumultuose  
                          giornate del maggio 2010 siano molto significative. 
                          L’istituzione  
                          di due meccanismi di sostegno finanziario, rispettivamente 
                          di  
                          tipo intergovernativo (Efsf) e comunitario (Efsm), sulla 
                          base 
                          dell’articolo 122.2 del Tfue, e la parallela decisione 
                          della Bce di  
                          acquistare i titoli dei paesi in difficoltà hanno 
                          segnato una svolta  
                          sul terreno della solidarietà interna all’area 
                          dell’euro, impensa-  
                          bile fino a pochi mesi prima. Successivamente, le proposte 
                          legi-  
                          slative della Commissione e i risultati della task force 
                          istituita dal  
                          presidente del Consiglio europeo Van Rompuy hanno avviato 
                           
                          una riforma del patto di stabilità e di crescita 
                          e dei meccanismi  
                          di governance economica di indubbio rilievo. Qualunque 
                          sarà  
                          l’esito del negoziato tra Parlamento e Consiglio 
                          (che nel mo-  
                          mento in cui scriviamo è in corso), la riforma 
                          determinerà un si-  
                          gnificativo rafforzamento del coordinamento delle politiche 
                          eco-  
                          nomiche nazionali, e in particolare della disciplina 
                          fiscale, sia sul  
                          versante preventivo che su quello correttivo, oltre 
                          a migliorare  
                          la sorveglianza degli squilibri macroeconomici.  
                          Parallelamente, l’istituzione delle tre nuove 
                          autorità europee  
                          su banche, assicurazioni e mercati e dell’European 
                          sistemic risk  
                          board, pur con tutti i suoi limiti, definisce (grazie 
                          anche al ruolo  
                          svolto dal Parlamento europeo nel procedimento legislativo) 
                          il  
                          primo embrione di un vero e proprio sistema di vigilanza 
                          eu-  
                          ropeo sui mercati finanziari. Infine, la riforma dell’articolo 
                          136  
                          del Trattato di Lisbona realizzata con procedura semplificata 
                          nel  
                          marzo 2011 (e che per divenire operativa attende le 
                          27 ratifi-  
                          che nazionali), con la quale si consente l’istituzione 
                          di un fondo  
                          salva-Stati permanente (Esm) che dal 2013 prenderà 
                          il posto  
                          dell’Efsf e dell’Efsm, dà indubbia 
                          sostanza all’impegno poli-  
                          tico a difendere la moneta unica e i suoi membri dagli 
                          attacchi  
                          speculativi. È vero, come non ha mancato di rilevare 
                          il Parla-  
                          mento europeo1, che si sarebbe potuto istituire un meccanismo 
                           
                          permanente senza ricorrere ad un impegnativo (e rischioso) 
                          pro-  
                          cedimento di riforma del Trattato e, soprattutto, che 
                          sarebbe  
                          stato auspicabile un meccanismo di tipo comunitario 
                          analogo  
                          all’Esfm, invece di un fondo intergovernativo 
                          come quello deli-  
                          neato dal nuovo comma 3 dell’articolo 136 del 
                          Tfue.  
                          Ma, in ogni caso, un meccanismo di stabilità 
                          permanente  
                          con una dotazione di base di 700 miliardi di euro, la 
                          possibilità  
                          di emettere obbligazioni e quella di acquistare i titoli 
                          dei paesi  
                          euro sul mercato secondario rappresentano un’innovazione 
                          di  
                          grande rilievo, che per di più, grazie al compromesso 
                          strappato  
                          dal Parlamento europeo (in base al quale si dovrebbero 
                          definire  
                          i meccanismi che governeranno la condizionalità 
                          degli aiuti at-  
                          traverso un regolamento), sarà saldamente collegata 
                          alle istitu-  
                          zioni europee e al metodo comunitario.  
                          E tuttavia, come mette bene in evidenza Ronny Mazzocchi 
                           
                          nella sua rubrica, queste significative novità 
                          non appaiono suffi-  
                          cienti ad affrontare i problemi di fondo dell’economia 
                          europea  
                          e a fronteggiare la minacciosa crisi dei debiti sovrani 
                          di alcuni  
                          pae si. Una governance tutta fondata sul rigore di bilancio, 
                          infatti,  
                          non sembra in grado né di rilanciare la crescita 
                          e lo sviluppo, né  
                          di rassicurare i mercati sulla solvibilità delle 
                          economie più fragili  
                          ed esposte agli attacchi speculativi. Al contrario, 
                          il rischio con-  
                          creto è quello di innescare un circolo vizioso 
                          tra dinamiche re-  
                          cessive e sfiducia dei mercati (che appaiono preoccupati 
                          più dalla  
                          possibilità di uscita dalla moneta unica che 
                          dal deficit in quanto  
                          tale), di fronte al quale le pure cospicue risorse dei 
                          meccanismi di  
                          stabilità attuali e di quello futuro potrebbero 
                          risultare inadeguate.  
                          Sono insomma i presupposti concettuali e politici della 
                          strategia  
                          prevalsa nel Consiglio europeo che non convincono: da 
                          un lato,  
                          infatti, l’aumento dei deficit pubblici non dovrebbe 
                          essere con-  
                          siderato una causa, ma un effetto della crisi e della 
                          conseguente  
                          decisione di molti governi di sostenere con cospicue 
                          iniezioni  
                          di denaro pubblico il traballante sistema bancario. 
                          Dall’altro, la  
                          tesi secondo cui politiche fiscali restrittive avrebbero 
                          un effetto  
                          espansivo, oltre a essere assai discutibile sul piano 
                          dottrinale e su  
                          quello «storiografico», risulta smentita 
                          dai fatti.  
                          Per questo, occorre definire e mettere in campo una 
                          visione  
                          differente della governance economica europea, capace 
                          di affian-  
                          care alla stabilità e alla riduzione dei deficit 
                          il sostegno alla cre-  
                          scita e allo sviluppo e, allo stesso tempo, in grado 
                          di rafforzare  
                          la dimensione comunitaria rispetto a quella intergovernativa. 
                          Le  
                          idee non mancano: creazione di un’Agenzia europea 
                          del debito  
                          ed emissione di eurobond per finanziare investimenti 
                          in infra-  
                          strutture, riforma del mercato finanziario volta a facilitare 
                          la ca-  
                          nalizzazione del risparmio privato verso investimenti 
                          a lungo ter-  
                          mine rispetto agli impieghi speculativi e di breve periodo, 
                          tassa  
                          sulle transazioni finanziarie, riforma del sistema delle 
                          risorse  
                          proprie che consenta un rafforzamento del bilancio dell’Ue, 
                           
                          correzione degli squilibri macroeconomici anche attraverso 
                          un  
                          incremento dei salari reali dei paesi in surplus. Ciò 
                          che occorre  
                          è uno spostamento degli equilibri politici nell’Ue, 
                          sia in Parla-  
                          mento sia nel Consiglio, e la formazione di una diversa 
                          maggio-  
                          ranza al tempo stesso più progressista e più 
                          europeista.  
                          Anche sul terreno dell’azione esterna dell’Ue 
                          i limiti emersi  
                          sono di natura sia istituzionale sia politica. Non c’è 
                          dubbio, in-  
                          fatti, che le innovazioni introdotte dal Trattato di 
                          Lisbona in  
                          questo ambito siano state significative. In particolare, 
                          l’attribu-  
                          zione all’Alto rappresentante delle funzioni di 
                          presidente stabile  
                          del Consiglio affari esteri e di vicepresidente della 
                          Commis-  
                          sione, responsabile sia del tradizionale portafoglio 
                          delle relazioni  
                          esterne sia del coordinamento della più generale 
                          azione esterna  
                          della Commissione, è un’innovazione ricca 
                          di potenzialità. Sta-  
                          bilendo un ponte tra la Politica estera e di sicurezza 
                          comune,  
                          definita da procedure di tipo intergovernativo, e la 
                          dimensione  
                          comunitaria dell’azione esterna dell’Unione, 
                          l’Alto rappresen-  
                          tante può rendere più coerente ed efficace 
                          l’azione dell’Ue re-  
                          alizzando sinergie tra strumenti e politiche differenti 
                          e valoriz-  
                          zando la peculiarità dell’approccio europeo, 
                          fondato sul multila-  
                          teralismo, sul primato della diplomazia, sulla cooperazione 
                          e sul  
                          sostegno alla democrazia. Con l’istituzione del 
                          Servizio europeo  
                          per l’azione esterna (Seae), l’Alto rappresentante/vicepresidente 
                           
                          si è finalmente potuto dotare di uno strumento 
                          operativo che,  
                          anche grazie al ruolo svolto dal Parlamento europeo 
                          nel difficile  
                          negoziato con il Consiglio, dispone di ampie competenze 
                          ed è  
                          saldamente collegato alla Commissione (oltre che sottoposto 
                          a  
                          un forte controllo parlamentare).  
                          E tuttavia, è indubbio che le potenzialità 
                          derivanti da questo  
                          nuovo assetto non si siano tradotte in una politica 
                          estera europea  
                          finalmente efficace e coerente. Come mette in evidenza 
                          Raffaello  
                          Matarazzo nella sua rubrica, non sono mancati successi 
                          impor-  
                          tanti, come la mediazione realizzata nello scorso settembre 
                          con  
                          la Serbia in occasione della votazione della risoluzione 
                          sul Ko-  
                          sovo all’Onu o l’attribuzione all’Ue 
                          di un nuovo status nell’as-  
                          semblea generale delle Nazioni unite. Ma l’esplosione 
                          delle ri-  
                          volte democratiche nei paesi arabi, e in particolare 
                          la crisi libica,  
                          ha messo in evidenza, oltre all’inadeguatezza 
                          del tradizionale  
                          approccio dell’Ue nei confronti del Mediterraneo, 
                          la persistente  
                          fragilità della sua azione esterna e le difficoltà 
                          a svolgere un 
                          ruolo incisivo in un teatro così cruciale per 
                          i destini del nostro  
                          continente. Facendo poi emergere una preoccupante divisione 
                           
                          strategica e politica sul terreno della gestione delle 
                          crisi, che ri-  
                          schia di vanificare i notevoli sforzi compiuti in questi 
                          anni e di  
                          mettere in discussione le prospettive della Politica 
                          di sicurezza  
                          e difesa comune. Al momento in cui scriviamo, la crisi 
                          libica è  
                          ancora in corso e una sua soluzione non appare all’orizzonte 
                           
                          (mentre è troppo presto per valutare l’annunciata 
                          revisione della  
                          dimensione meridionale della politica di vicinato). 
                          I limiti e le  
                          potenzialità della Politica di sicurezza e difesa 
                          comune, che tale  
                          crisi ha in qualche modo confermato, sono tuttavia analizzati 
                          in  
                          modo approfondito nella monografia del volume, per una 
                          sintesi  
                          e una presentazione della quale rimandiamo all’introduzione 
                          di  
                          Roberto Gualtieri e Raffaello Matarazzo.  
                          Quel che è certo è che, analogamente a 
                          quanto avviene sul ter-  
                          reno della governance economica, anche per la Politica 
                          estera, di  
                          sicurezza e difesa, i problemi dell’Europa sono 
                          insieme di natura  
                          istituzionale e politica. Sul piano istituzionale, pesa 
                          senza dubbio  
                          il fatto che, a dispetto delle molteplici innovazioni 
                          introdotte nel  
                          Trattato di Lisbona e del superamento della struttura 
                          a «pilastri»  
                          dell’Ue, la natura intergovernativa delle procedure 
                          decisionali in  
                          materia di Pesc e di Psdc non sia stata sostanzialmente 
                          intaccata.  
                          Questo elemento ha sicuramente privato la Pesc/Psdc 
                          di quello  
                          «scudo comunitario», che invece è 
                          stato introdotto dal Trattato  
                          nei confronti dell’ex «terzo pilastro», 
                          ossia dello Spazio di libertà,  
                          sicurezza e giustizia, rendendo quindi particolarmente 
                          forte l’im-  
                          patto delle divergenze politiche tra i principali paesi 
                          dell’Ue.  
                          A loro volta, tali divergenze appaiono il frutto di 
                          una visione  
                          conservatrice e fortemente condizionata da un malinteso 
                          pri-  
                          mato dell’interesse nazionale, che non sembra 
                          in grado di fare i  
                          conti adeguatamente con il fatto che gli spazi per un 
                          autonomo  
                          protagonismo internazionale dei singoli paesi europei 
                          si sono or-  
                          mai ridotti drasticamente e l’unica possibilità 
                          di avere un ruolo  
                          significativo nella definizione di un nuovo assetto 
                          del sistema  
                          internazionale è quella di rendere finalmente 
                          l’Unione europea  
                          un attore credibile sul terreno della Politica estera 
                          e di quella di  
                          sicurezza e difesa.  
                          La rubrica di Fabrizia Panzetti analizza in modo puntuale 
                           
                          le profonde innovazioni che il Trattato di Lisbona ha 
                          introdotto  
                          nell’ambito dello Spazio di libertà, sicurezza 
                          e giustizia. A diffe- 
                          renza che nel caso della Politica estera e di sicurezza 
                          comune, la  
                          comunitarizzazione di questo ambito delle politiche 
                          europee ha  
                          innescato delle dinamiche impreviste, che hanno visto 
                          il Parla-  
                          mento europeo giocare un ruolo centrale. Nel rinnovo 
                          dell’ac-  
                          cordo Swift sull’uso dei dati finanziari dei cittadini 
                          europei da  
                          parte degli Stati Uniti nel quadro della lotta al terrorismo 
                          e nella  
                          vicenda dell’espulsione dei rom in Francia, il 
                          Parlamento ha  
                          esercitato pienamente le sue prerogative legislative 
                          e politiche,  
                          contribuendo in misura sostanziale alla difesa dell’acquis 
                          comu-  
                          nitario e dei diritti dei cittadini europei di fronte 
                          alla debolezza  
                          di altre istituzioni e al tentativo francese di giocare 
                          spregiudi-  
                          catamente la carta «securitaria» a fini 
                          di politica interna. Le vi-  
                          cende dei mesi successivi, con lo scontro italo-francese 
                          su Schen-  
                          gen e la successiva lettera comune Berlusconi-Sarkozy, 
                          ma anche  
                          con la sentenza della Corte europea di giustizia contro 
                          il reato  
                          di clandestinità introdotto nella legislazione 
                          italiana, hanno con-  
                          fermato questa duplice tendenza. Da una parte, la forte 
                          spinta  
                          di alcuni governi conservatori europei a rinazionalizzare 
                          le poli-  
                          tiche relative allo Spazio di libertà, sicurezza 
                          e giustizia e a irri-  
                          gidire l’azione di contrasto all’immigrazione 
                          irregolare e alla li-  
                          bera circolazione di alcune minoranze nel territorio 
                          dell’Unione;  
                          dall’altra, l’efficacia di uno «scudo 
                          comunitario» che, in questo  
                          ambito, vede un forte ruolo della Corte europea di giustizia 
                          e  
                          assegna al Parlamento europeo una funzione cruciale 
                          nella di-  
                          fesa dei trattati e dei diritti dei cittadini dell’Unione. 
                          Nei pros-  
                          simi mesi vedremo se questa inedita funzione di vero 
                          «custode  
                          dei trattati» e di propulsore della loro effettiva 
                          implementazione  
                          verrà esercitata pienamente ed adeguatamente 
                          nei confronti  
                          dell’annunciata revisione di Schengen e nella 
                          sfida complessa,  
                          ma decisiva, di dare piena attuazione al principio di 
                          solidarietà  
                          sancito dall’articolo 80 Tfue nell’ambito 
                          delle politiche relative  
                          al controllo delle frontiere, all’asilo e all’immigrazione. 
                           
                          Le significative dinamiche che hanno caratterizzato 
                          le poli-  
                          tiche economiche e monetarie, l’azione esterna 
                          dell’Ue e lo Spa-  
                          zio di libertà, sicurezza e giustizia offrono 
                          ampio materiale di  
                          riflessione sulle trasformazioni della peculiare forma 
                          di governo  
                          dell’Ue e degli equilibri tra le diverse istituzioni 
                          innescate dal  
                          Trattato di Lisbona e dalle turbolente vicende degli 
                          ultimi mesi.  
                          La rubrica di Sandro Guerrieri analizza puntualmente 
                          queste  
                          trasformazioni, sottolineando l’emergere di una 
                          nuova dialettica 
                          tra un Consiglio europeo, che sempre più assume 
                          un ruolo po-  
                          litico centrale intorno al suo presidente stabile e 
                          all’azione dei  
                          suoi membri più influenti, ed un Parlamento europeo 
                          rafforzato  
                          non solo nelle prerogative, ma anche nella volontà 
                          di agire ef-  
                          fettivamente come rappresentante diretto dei cittadini 
                          europei  
                          (secondo la nuova formulazione introdotta dal Trattato 
                          di Li-  
                          sbona). Di fronte alla sempre più evidente debolezza 
                          della Com-  
                          missione, questa nuova dialettica determina una sorta 
                          di trasfor-  
                          mazione della tradizionale dinamica tra Commissione 
                          e Stati  
                          membri, rinnovando significativamente sia la polarità 
                          comunita-  
                          ria sia quella intergovernativa e politicizzandole entrambe. 
                          Nel  
                          Consiglio europeo, infatti, la spinta intergovernativa 
                          si esprime  
                          su un terreno nuovo e le innovazioni introdotte nella 
                          governance  
                          economica rendono legittimo il riferimento a un nuovo 
                          «me-  
                          todo dell’Unione», distinto sia da quello 
                          intergovernativo sia da  
                          quello comunitario. A sua volta, la difesa del metodo 
                          comunita-  
                          rio esercitata dal Parlamento connota quest’ultimo 
                          politicamente  
                          in forme inedite e assai differenti da quelle che hanno 
                          caratteriz-  
                          zato il tradizionale approccio funzionalista, assegnando 
                          un ruolo  
                          centrale ai gruppi politici europei e spingendo il Parlamento 
                           
                          stesso ad un dialogo a tutto campo con il Consiglio 
                          europeo,  
                          che travalica apertamente i confini delle prerogative 
                          legislative e  
                          di bilancio definite dai trattati e connota in forma 
                          nuova la sua  
                          funzione generale di indirizzo e di controllo politico. 
                           
                          Questo processo di crescente politicizzazione delle 
                          dinami-  
                          che interistituzionali è ancora agli inizi ed 
                          è aperto a esiti diffe-  
                          renti. Esso rappresenta tuttavia un fatto nuovo, che 
                          impone di  
                          guardare agli appuntamenti elettorali dei prossimi tre 
                          anni come  
                          ad un unico grande ciclo europeo, in cui le elezioni 
                          nazionali in  
                          programma (a cominciare da quelle in Francia, Italia 
                          e Germa-  
                          nia) e poi il rinnovo del Parlamento europeo (nel 2014) 
                          sotto-  
                          porranno alla verifica dei cittadini l’attuale 
                          indirizzo conserva-  
                          tore che caratterizza le politiche dell’Ue e i 
                          suoi risultati e con-  
                          sentiranno di confermarne il corso o di imprimere una 
                          svolta,  
                          che le vicende economiche e politiche degli ultimi anni 
                          fanno  
                          apparire necessaria e urgente. 
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