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                      Rapporto 
                        2008 sull'integrazione 
                        europea 
                        della Fondazione Istituto Gramsci e del CeSPI 
                        L'UNIONE EUROPEA 
                        E IL GOVERNO  
                        DELLA GLOBALIZZAZIONE 
                        a cura di Roberto Gualtieri e Ferruccio Pastore 
                         Il Mulino, 
                        Bologna 2008 
                         
                        p. 296, € 21,50 
                        ISBN 978-88-15-12543-9 | 
                     
                    
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                      Prefazione  
                        di Roberto Gualtieri 
                        e Ferruccio Pastore 
                         
                         Il 2007 è 
                        stato un anno di maturazione per l'Unione europea. Sembra 
                        essersi chiuso un lungo periodo di disorientamento e di 
                        esitazioni, pesantemente segnato dal fallimento del trattato 
                        istituzionale e dalle profonde lacerazioni politiche nei 
                        confronti della war on terror condotta dall'amministrazione 
                        americana. Sul terreno economico, la buona performance 
                        europea ha interrotto un lungo ciclo segnato da un differenziale 
                        di crescita negativo tra i paesi ad alto reddito pro capite 
                        dell'Unione e gli Stati Uniti. L’Unione europea 
                        ha celebrato con i fatti il cinquantesimo anniversario 
                        della firma dei Trattati di Roma, tornando a muoversi, 
                        con alcuni passi concreti di grande importanza. Il primo 
                        dato positivo riguarda l'allargamento, o meglio gli all’argamenti 
                        paralleli dell'Unione, dello spazio Schengen e della zona 
                        euro. È vero che l'ingresso nell'Ue di Romania 
                        e Bulgaria, con cui l'anno si è aperto, ha rappresentato 
                        solo la conclusione di un processo avviato da tempo, così 
                        come è indubbio che l'implementazione della strategia 
                        dell'allargamento nei confronti di paesi o aree fondamentali 
                        per l'Europa come la Turchia o i Balcani continua a scontrarsi 
                        con difficoltà e problemi non marginali. Tuttavia, 
                        vedere l'Ue affacciarsi sul Mar Nero non è cosa 
                        da poco, così come è difficile sottovalutare 
                        l'importanza simbolica e politica dell' eliminazione delle 
                        frontiere tra la Germania e la Polonia, o tra l'Italia 
                        e la Slovenia, nel quadro dell'allargamento dell'area 
                        di Schengen ai nuovi membri del 2004 (meno Cipro) realizzato 
                        il 21 dicembre del 2007. A sua volta, l'introduzione dell'euro 
                        a Malta e a Cipro, decisa in luglio e divenuta operativa 
                        il 10 gennaio 2008, rappresenta senza dubbio un evento 
                        poco più che trascurabile in termini quantitativi. 
                        Ma è tutt'altro che privo di rilievo sia sul piano 
                        della trasparenza dei mercati finanziari e della crescente 
                        determinazione con cui l'Europa intende affrontare la 
                        questione dei cosiddetti «paradisi fiscali» 
                        (un tema che di recente è entrato prepotentemente 
                        al centro dell'agenda politica tedesca e quindi europea), 
                        sia su quello dell'indicazione di una crescente forza 
                        di attrazione della valuta europea anche nei confronti 
                        di paesi – come Malta – tradizionalmente legati 
                        alla sterlina.  
                        In un anno segnato da una grave crisi delle banche, non 
                        solo statunitensi, e del sistema della finanza derivata 
                        sviluppatosi sotto la spinta della politica monetaria 
                        fortemente espansiva seguita dalla Federal Reserve per 
                        sostenere la crescita americana, la solidità dell'euro 
                        e dell'economia europea costituiscono un secondo elemento 
                        degno di nota. Sull'onda del buon andamento della crescita 
                        registrato nel 2006 sia dall'Ue-25 che dall'Ue-15 e dall'area 
                        euro (grazie in particolare all'eccellente performance 
                        della Germania), nonostante l'impatto della crisi finanziaria, 
                        l'economia dell'Ue ha mantenuto pressoché inalterato 
                        il suo tasso di sviluppo anche nel 2007. Nel corso dell'anno 
                        passato come nota Fabio Sdogati nella sua rubrica «Economia 
                        e allargamento» in questo volume – per la 
                        prima volta dopo diversi anni i paesi Ue a più 
                        alto reddito pro capite hanno evidenziato una crescita 
                        superiore a quella statunitense, confermata anche dalle 
                        previsioni per il 2008 seppure in un contesto di complessivo 
                        rallentamento. Tutto ciò è in primo luogo 
                        la conseguenza dell'efficacia dei processi di ristrutturazione 
                        realizzati in questi anni dalle imprese europee e degli 
                        effetti benefici dell'integrazione commerciale e produttiva 
                        favorita dall'allargamento. In questo quadro, l'inedita 
                        risolutezza e prontezza di intervento manifestata dalla 
                        Banca centrale europea di fronte alla cosiddetta «crisi 
                        dei mutui sub-prime» e il successo, unanimemente 
                        riconosciuto, della sua azione possono essere considerati 
                        come il primo esplicito segnale della ricerca di una maggiore 
                        autonomia di azione volta a irrobustire il ruolo internazionale 
                        dell'euro e a tutelare la specificità del modello 
                        di sviluppo e del modello sociale europei dai rischi della 
                        finanziarizzazione dell' economia favorita dalla politica 
                        monetaria americana dell'«era Greenspan». 
                         
                        Il terzo dato positivo è costituito ovviamente 
                        dalla firma, il 13 dicembre 2007, del Trattato di Lisbona. 
                        Si tratta con ogni evidenza di un risultato di grande 
                        importanza. Esso consente infatti di superare una pericolosa 
                        impasse che, dopo l'esito negativo dei referendum francese 
                        e olandese del 2005, rischiava di archiviare la prospettiva 
                        di un significativo approfondimento del processo di integrazione. 
                        Allo stesso tempo, la firma del nuovo trattato e la sua 
                        auspicabile – e prevedibile – ratifica chiudono 
                        finalmente una lunga stagione dominata dalla centralità 
                        del tema  
                        istituzionale e dalla tradizionale contrapposizione tra 
                        la prospettiva federalista e quella intergovernativa: 
                        due posizioni ormai di fatto entrambe anacronistiche e 
                        scarsamente corrispondenti alla reale natura della costruzione 
                        europea ed alle sue esigenze. Il risultato, come mette 
                        in evidenza il contributo di Sandro Guerrieri, conserva 
                        la sostanza delle innovazioni introdotte dal vecchio Trattato 
                        costituzionale nonostante la rinuncia al – peraltro 
                        ambiguo – carattere «semicostituzionale» 
                        del precedente testo: rimangono, dunque, il superamento 
                        della struttura a pilastri e il conferimento della personalità 
                        giuridica all'Ue; sono confermati  
                        la creazione di una figura di presidente del Consiglio 
                        europeo nonché il rafforzamento del ruolo, delle 
                        funzioni e dei mezzi dell'Alto rappresentante per la Pesc, 
                        ora anche vicepresidente della Commissione e presidente 
                        del Consiglio «affari esteri»; il nuovo testo, 
                        inoltre, conferma la revisione dei criteri di voto a maggioranza 
                        qualificata (sebbene solo a partire dal 2014, e forse 
                        persino dal 2017), l'ampliamento del ruolo di codecisione 
                        del Parlamento e l'attribuzione di un carattere vincolante 
                        alla Carta dei diritti fondamentali (tuttavia esclusa 
                        dal Trattato). In questa nuova architettura istituzionale 
                        viene rafforzata la dimensione propriamente politica e 
                        incentivata la formazione di «nuclei ristretti», 
                        sia pure nel contesto di una riconferma e di un'estensione 
                        del «metodo comunitario» (di grande rilievo 
                        è da questo punto di vista la «comunitarizzazione» 
                        del terzo pilastro, di cui si parlava da oltre un decennio), 
                        oltre che del tradizionale modello di multilevel governance 
                        verticale e orizzontale che rende l’Ue un attore 
                        unico nel panorama internazionale.  
                        In questo quadro, diviene centrale la questione di una 
                        vergenza politica dei paesi e degli attori fondamentali 
                        dell'Unione nella ricerca di soluzioni comuni intorno 
                        ai problemi più rilevanti per il futuro dell'Europa. 
                        Anche da questo punto di vista, da un esame retrospettivo 
                        delle vicende del 2007 emergono alcune indicazioni incoraggianti. 
                        Al di là del persistente travaglio del sistema 
                        politico polacco e delle posizioni non propriamente europeistiche 
                        assunte in passato dal partito del neopremier Tusk, l’esito 
                        delle elezioni che hanno portato alla sconfitta del partito 
                        populista di destra dei gemelli Kaczynski ha indicato 
                        chiaramente l'insostenibilità di una linea di governo 
                        fondata sull'aperta contrapposizione all'Ue e la capacità 
                        del contesto europeo di esercitare un certo grado di condizionamento 
                        indiretto sulla politica interna dei suoi membri. Il cambiamento 
                        intervenuto in un paese importante come la Polonia non 
                        potrà essere privo di riflessi su alcuni problemi 
                        cruciali che investono le relazioni internazionali dell'Ue, 
                        a cominciare dalla questione dei rapporti con la Russia. 
                        Più in generale si può dire che, anche per 
                        effetto delle crescenti difficoltà in cui versa 
                        l'unilatealismo statunitense, l'Europa sta manifestando 
                        un significativo impegno nella costruzione di un'unità 
                        (almeno tra i suoi membri fondamentali) intorno ad alcuni 
                        dei principali problemi di politica estera sul tappeto, 
                        evitando il ripetersi delle lacerazioni che hanno accompagnato 
                        la vicenda irachena e manifestando una significativa disponibilità 
                        ad assumere un ruolo meno defilato sul fronte internazionale, 
                        pur in presenza di significative divergenze su questioni 
                        politiche importanti (basti pensare allo strappo, poi 
                        rammendato, sul progetto francese di «Unione mediterranea»). 
                        Lo dimostra il ruolo svolto in uno scacchiere cruciale 
                        come il Libano dopo l'invio delle truppe realizzato su 
                        iniziativa italiana (sia pure al di fuori dei meccanismi 
                        formali della Pesd), così come l'atteggiamento 
                        assunto nella delicata questione dell'indipendenza del 
                        Kosovo. È vero, infatti, che una proclamazione 
                        unilaterale di indipendenza alle soglie dell'Europa costituisce 
                        di per sé una sconfitta, così come è 
                        vero che sulla questione del riconoscimento del nuovo 
                        stato l'Unione non è riuscita ad assumere un atteggiamento 
                        unanime. Tuttavia, occorre tenere presente che se l'indipendenza 
                        di Pristina ha costituito l'esito finale di una lunga 
                        vicenda da tempo compromessa, i principali paesi dell'Unione 
                        hanno realizzato (anche grazie ad un ruolo attivo dell'Italia) 
                        una significativa convergenza intorno a una posizione 
                        comune tutt'altro che passiva e rinunciataria, fondata 
                        sul tentativo di «governare» il processo di 
                        costruzione di uno stato indipendente in Kosovo, attutendo 
                        le frizioni con la Serbia e lavorando per indirizzare 
                        i due paesi verso una crescente integrazione con l'Europa. 
                        Tutti questi segnali consentono di affermare che nell'ultimo 
                        biennio l'Europa si è rimessa in cammino, manifestando 
                        una crescente consapevolezza della necessità di 
                        assumere maggiori responsabilità internazionali. 
                        Questa Ue rinnovata, che riemerge da anni di profonde 
                        difficoltà istituzionali e politiche, ricerca la 
                        sua legittimazione non più solo nella capacità 
                        di risolvere le proprie contraddizioni interne, ma anche, 
                        e sempre più esplicitamente, nella promessa di 
                        affrontare efficacemente le contraddizioni globali di 
                        un mondo alla ricerca di un multilpolarismo meno anarchico 
                        e conflittuale dell'attuale. La monografia curata da Rosa 
                        Balfour e Ferruccio Pastore ha appunto l'obiettivo di 
                        analizzare e discutere le ambizioni e i limiti dell'Unione 
                        europea come attore globale, riconoscendo i risultati 
                        raggiunti e le potenzialità manifestate dall'Europa 
                        su questo terreno, ma anche sottolineando le non poche 
                        contraddizioni e difficoltà emerse negli ultimi 
                        anni. In sette densi saggi, dedicati ai settori-chiave 
                        dell'azione esterna dell'Ue, l'ambizione dichiarata – 
                        spesso in forme magniloquenti – dalle istituzioni 
                        europee di contribuire a «governare la globalizzazione» 
                        viene vagliata alla luce dei fatti. Il quadro che emerge, 
                        al di là degli sviluppi incoraggianti cui abbiamo 
                        accennato, è frammentario, contrastato e aperto 
                        a esiti diversi. In alcuni ambiti – come sul terreno 
                        della lotta al riscaldamento globale – l'Unione 
                        ha saputo porsi, nel giro di pochi anni, come un attore 
                        globale di primo piano, capace di dettare l'agenda e di 
                        mediare efficacemente tra gli Stati Uniti e le potenze 
                        emergenti. In altri campi, come l'azione esterna in campo 
                        economico o la politica migratoria, la Comunità 
                        è indubbiamente un player di peso crescente, che 
                        però si muove in maniera spesso contraddittoria, 
                        invocando la necessità di immigrazione mentre innalza 
                        muri, predicando solidarietà mentre impone liberalizzazioni 
                        dagli effetti potenzialmente laceranti, o infine manifestando 
                        una crescente autorevolezza e autonomia nel governo della 
                        propria moneta, senza al contempo riuscire a edificare 
                        in modo coerente una politica economica europea. Ci sono 
                        poi settori, come quello della politica energetica, e 
                        specificamente della sua dimensione esterna, dove l'Europa 
                        non riesce ancora a identificare e perseguire una strategia 
                        delle infrastrutture e degli approvvigionamenti con sufficiente 
                        forza e coerenza. Infine, sul piano più propriamente 
                        politico, la considerevole forza egemonica dimostrata 
                        nella costruzione di una larga coalizione internazionale 
                        per l'abolizione della pena di morte, che ha portato all'approvazione 
                        della moratoria da parte dell' Assemblea generale delle 
                        Nazioni Unite, si scontra con un uso della condizionalità 
                        ondivago e asimmetrico sul terreno dei diritti umani. 
                        La monografia, in un rapporto di complementarietà 
                        dinamica con le rubriche tematiche, intende fotografare 
                        questo ruolo complesso che l'Unione oggi svolge nel mondo. 
                        È inutile sottolineare quanto questo tipo di riflessione 
                        sia rilevante sul piano politico. In un mondo multipolare 
                        instabile e competitivo, l'Unione non può più 
                        vivere di rendita al riparo dell'egemonia statunitense 
                        e di una sostanziale assenza di concorrenza commerciale 
                        dall'esterno. Dal Medio Oriente all'Africa, dai rapporti 
                        con la Russia a quelli con la Cina,l'India e il Brasile, 
                        i costi del non agire, il prezzo dei particolarismi e 
                        delle divisioni sono destinati a crescere. Di fronte a 
                        queste sfide, oggi più che mai, il destino dell'Europa 
                        è nelle mani degli europei. | 
                     
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