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                         Premessa 
                           
                           
                          Gli scritti che qui si raccolgono in onore di 
                          Biagio de Giovanni, pur 
                          non volendo costituire un confronto diretto con tutte 
                          le tematiche filosofiche 
                          e politiche affrontate dal nostro maestro in alcuni 
                          decenni di attività 
                          culturale, sono, comunque, tutti in dialogo con tale 
                          lunga e complessa 
                          attività. 
                          Il volume si apre con un gruppo di contributi che ricordano 
                          e indagano 
                          il magistero culturale e politico di De Giovanni o, 
                          per usare categorie 
                          che appartengono alla sua storia intellettuale, l’ 
                          oggettivarsi stesso della sua 
                          “esperienza” nella ricerca e nella didattica. 
                          Essi sono un omaggio al maestro 
                          e un primo tentativo di ricostruire il suo lavoro. La 
                          seconda parte è un 
                          riconoscimento al De Giovanni “sconosciuto” 
                          (o, almeno, meno noto): lo 
                          studioso di storia dell’ arte. Attività 
                          che egli, con qualche civetteria, giudica 
                          la sua vera vocazione. La terza parte raccoglie scritti 
                          che, percorrendo le 
                          vicende della cultura moderna (dal Rinascimento a oggi), 
                          di fatto si confrontano 
                          con la sua ricerca teorica e con essa, a volte, si muovono 
                          in “divergente 
                          accordo”. In verità, è difficile 
                          trovare un territorio della cultura filosoficopolitica 
                          moderna che non sia stato toccato dal lavoro di Gino. 
                          Lontana da 
                          lui è l’ immagine dello studioso che dedica 
                          la sua vita a un solo autore o 
                          a un solo periodo storico. È questo uno dei tratti 
                          più significativi del suo 
                          lavoro: il non essersi mai chiuso in uno spazio culturale 
                          limitato, ma l’ aver 
                          percorso, tematizzato e analizzato la modernità 
                          non per “lumi sparsi”, ma 
                          “inseguendola” nella sua irriducibile multiformità. 
                          Forse, l’ obiettivo della 
                          sua ricerca è stato proprio questo: com-prendere 
                          la complessità e la storicità 
                          del moderno. Appunto: le forme e la storia del moderno. 
                          Perciò, con la sua 
                          ricerca ci si ritrova sempre a dover fare i conti. 
                          Alcuni suoi allievi lo ricordano ancora, come docente 
                          di Filosofia 
                          morale, leggere e commentare i testi di Rousseau, di 
                          Hegel e di Marx. Da 
                          quelle lezioni sono nati i volumi su Hegel e il tempo 
                          storico della società borghese 
                          (1970) e La teoria politica delle classi nel “Capitale” 
                          (1976). Scritti che, 
                          li si voglia condividere o meno (ed egli stesso mostra 
                          nei loro confronti qualche perplessità), hanno 
                          segnato una stagione culturale. Ma, prima del 
                          De Giovanni studioso di Hegel e Marx, v’ è 
                          il De Giovanni studioso di 
                          filosofia del diritto che offre ricerche, ancora oggi 
                          additate come “classici” 
                          dagli studiosi di quella disciplina. È il De 
                          Giovanni autore di Fatto e valutazione 
                          nella teoria del negozio giuridico (1958) e di La nullità 
                          nella logica 
                          del diritto (1964). E v’ è il De Giovanni 
                          studioso del pensiero politico napoletano 
                          (Filosofia e diritto in F. D’ Andrea del 1958 
                          e La vita intellettuale a 
                          Napoli fra la metà del Seicento e la restaurazione 
                          del Regno del 1970). Da 
                          questi lavori, al cui centro stanno sempre la figura 
                          di Vico (De Giovanni 
                          si è laureato discutendo una tesi su Vico) e 
                          il tema dell’ esperienza culturale 
                          nel suo farsi vita, mondo, nasce, forse, la sua passione 
                          per la pittura del 
                          Seicento (da Caravaggio a Salvator Rosa e a Luca Giordano), 
                          quasi a voler 
                          cogliere in essa l’ oggettivarsi stesso dello 
                          spirito e della vita culturale del 
                          tempo. L’ attenzione ai temi vichiani e le indagini 
                          sullo storicismo tedesco 
                          condotte in L’ esperienza come oggettivazione 
                          (1962) non potevano che scaturire 
                          da questa volontà di cogliere l’ esperienza 
                          umana nel suo oggettivarsi 
                          nella scienza e nella vita politica. 
                          L’ interesse per Hegel e per il marxismo (Gramsci, 
                          in particolare) non 
                          viene meno negli anni ’80 del secolo scorso, ma 
                          si complica e si ridisegna 
                          entro un tentativo di rileggere la complessa e tortuosa 
                          storia del mondo 
                          moderno. Ed ecco, allora, emergere la necessità 
                          non solo di ripensare le 
                          origini del pensiero politico moderno (Machiavelli, 
                          Bruno e, ancora, Vico), 
                          ma anche le forme e le istituzioni della “democrazia 
                          dei moderni”, le sue 
                          ragioni costitutive, i suoi limiti, le sue fragilità. 
                          Sotto la sua lente vengono 
                          poste la storia e la cultura del comunismo (La nottola 
                          di Minerva del 1989 e 
                          Dopo il comunismo del 1990). Interventi teorico-politici 
                          che, tuttavia, non lo 
                          distraggono dall’ impegno nelle istituzioni universitarie. 
                          È, infatti, dal 1987 
                          al 1989 rettore dell’ Istituto Orientale di Napoli. 
                          Eletto deputato al Parlamento europeo nel 1989 e riconfermato 
                          nel 
                          1994, diviene presidente della Commissione per gli affari 
                          istituzionali. 
                          Tuttavia, questo impegno politico non ne fa un uomo 
                          “totus politicus”. Ad 
                          essere indagate sono, ora, le ragioni del costituirsi 
                          di un nuovo soggetto 
                          politico: l’ Europa. Egli riesce a tenere in tensione 
                          il suo lavoro istituzionale 
                          con la sua attività di ricerca. L’ esperienza 
                          diretta delle istituzioni europee gli 
                          offre nuovo materiale per una rinnovata attenzione alle 
                          teorie della democrazia 
                          e delle costituzioni moderne. Perciò, una volta 
                          ritornato all’ insegnamento 
                          universitario, assumendo la cattedra “Jean Monnet” 
                          sulla “Storia 
                          dell’ integazione europea” presso l’ 
                          Istituto Orientale, è da quella esperienza 
                          istituzionale che scaturiscono le riflessioni teoriche 
                          contenute in L’ ambigua potenza dell’ Europa 
                          (2002) e in La filosofia e l’ Europa moderna (2004), 
                          quasi 
                          a dimostrare, ancora una volta, che una “filosofia 
                          rigorosa” non possa che 
                          scaturire dall’ “esperienza”. Per 
                          tornare, da ultimo, in A destra tutta (2009), 
                          a interrogare la politica con quelle aspre e socratiche 
                          domande che solo una 
                          filosofia irriverente può formulare. 
                          Sono queste, dunque, le coordinate entro cui si viene 
                          svolgendo, 
                          ancora oggi, un pensiero che non si acquieta e che incalza 
                          gli amici e gli 
                          allievi. Amici e allievi che quel pensiero – come 
                          questo volume mostra – 
                          non esitano a mettere in discussione, perché 
                          esso stesso sollecita la discussione 
                          e quasi esibisce i punti rimasti inesplorati, gli interrogativi 
                          inevasi. 
                          Perché, appunto, del maestro non è offrire 
                          soluzioni ma mettersi in giuoco, 
                          provocare discussioni e nuove ricerche. Per queste ragioni, 
                          il volume non è 
                          solo un omaggio al maestro ma a chi, ancora oggi, ci 
                          pungola, mostrando 
                          come nella ricerca non esistano scorciatoie e improvvise 
                          intuizioni, ma solo 
                          il rigore della filologia e la “fatica del concetto”. 
                          Nello stesso tempo, questo 
                          volume è testimonianza di quanto il suo magistero 
                          e questo suo incalzarci 
                          abbiano segnato tutti noi, anche se ognuno di noi ha, 
                          poi, seguito il proprio 
                          demone.  |