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ANNALE I
Bibliografia gramsciana 1922-1988
a cura di John M. Cammett
Roma, Editori Riuniti, 1991

p. 457, L. 75.000
ISBN 978-88-359-3451-6

Prefazione
di Nicola Badaloni

A Formia, nell’ottobre del 1989, nel corso di un importante convegno dedicato a «Gramsci nel mondo», al quale hanno partecipato noti studiosi italiani e stranieri, è stata presentata la proposta di costituire una «Associazione internazionale “Antonio Gramsci”». La motivazione di tale proposta è stata apprezzata e anche resa più chiara non solo dai temi trattati nelle relazioni, ma anche dalla vasta documentazione che già risultava dal primo abbozzo della Bibliografia gramsciana, pubblicata in stampa provvisoria, che offriva un quadro imponente d’interesse pressoché mondiale. Un altro anno di lavoro ci ha permesso ora di dare alla luce, in forma definitiva e quanto più completa possibile, un rendiconto bibliografico di tale interesse suscitato nel mondo da questo figlio della Sardegna, dirigente e teorico politico, filosofo moderno e rinnovatore del marxismo. Come tutti sanno, l’accademia in cui egli ha affinato e condensato il suo pensiero e il suo impegno pratico, è stato il carcere. La sua sorte non è stata in ciò difforme da quella di tanti innovatori italiani e stranieri che hanno saputo in passato affrontare esili, rischi, sofferenze e anche la morte. I Quaderni del carcere (come è accaduto per gli scritti di molti di questi «martiri») non cessano di essere studiati e continuano a dare un importante contributo ad una ripresa e ad un aggiornamento del pensiero di Marx. Avvertiamo in modo particolare l’importanza di tutto ciò, proprio nel momento in cui il primo tentativo storico di trasfondere in nuove forme di vita quelle interpretazioni e volgarizzazioni del marxismo, che Gramsci criticava, è rovinosamente fallito.
Gli interessi di Gramsci, pur radicati nella cultura italiana, come ben sanno gli studiosi specialisti, i cui lavori sono menzionati nella Bibliografia, e i molti lettori non specialisti, hanno spaziato ben oltre il materialismo dialettico nella sua forma volgare. Aveva perciò ragione Palmiro Togliatti quando nel 1964, recensendo una ricca antologia gramsciana, aveva sostenuto che l’elaborazione teorica e le innovazioni di vita e di cultura proposte da Gramsci non erano solo proprietà riservata di un partito politico, seppur questo, in Italia, a esse complessivamente si ispirasse, ma della intera nazione italiana. Questa Bibliografia dimostra però che anche tale giudizio era limitato e che Gramsci ha contribuito a riavvicinare la cultura della sua terra a quella europea e a quella mondiale. E’ sufficiente leggere solamente i titoli dei saggi segnalati in questa raccolta bibliografica, infaticabilmente realizzata da un gruppo di studiosi statunitensi, per avvertire l’ampiezza della «fortuna» di Gramsci.
Di essa, a me sembra, si possono dare quattro motivazioni principali.
La prima è la critica approfondita del materialismo dialettico nella versione dogmatica unilaterale che si è affermata nel «comunismo reale», imponendo verità storiche e sociologiche distaccate dal sentire delle masse. In alternativa Gramsci ha proposto una sua teoria della società moderna antielitaria ma non rozzamente egalitaria, attenta al pensiero implicito nei modi di sentire e di vivere degli uomini, fortemente simpatetica verso tutte le forme di aggregazione comunitaria e ai germi di una nuova visione delle relazioni umane che apparivano in esse, e che egli avvertiva come vie possibili per far riemergere storicamente il socialismo.
La seconda è l’analisi spregiudicata della storia d’Italia, vista nel complesso come egemonia di una classe dominante, chiusa nel suo egoismo e pur capace di avvertire il divenire storico nella forma di rivoluzioni passive. Di contro sta il rilievo dato alla capacità di resistenza di grandi masse umane, nelle diverse caratterizzate forme di aggregazioni politiche e di spirito di «scissione» dalle ideologie dominanti, che tali masse avevano acquisito. I limiti stavano nella debole forza espansiva dovuta alloro settarismo, nella estraneità e nel conformismo dei ceti e dei gruppi politici e intellettuali (fatte le debite eccezioni) che potevano dirigerle e conferire loro autorità. Di qui la rottura di Gramsci con quelle filosofie idealistiche che avevano coscientemente rotto con il marxismo storico, accettando l’elitarismo come ideologia della conservazione. Ciò aveva facilitato il trasformismo di piccoli gruppi prima e di masse più ampie in seguito, quando il paese si era piegato alla nuova forma di reazione antipopolare rappresentata dal fascismo. La polemica con Croce, con Gentile, con Pareto, con il pragmatismo italiano, ha come motivazione principale il rifiuto di queste pur grandi menti a proporre una «catarsi» intellettuale e morale tale da trasformare lo spirito di sottomissione in lotta liberatrice.
La terza motivazione è la sua capacità di spaziare nella situazione europea e mondiale dalla Francia agli Usa, ai paesi di lingua spagnola fino al gandhismo e al tolstoismo. Sempre attento alla specificità dei caratteri di ciascun popolo e alle possibilità che le diverse situazioni storiche aprono, Gramsci cercava ovunque spinte e stimoli a creare nuove forme vitali. Accanto ai fenomeni storici di vasta portata emergono quelli minuti, quasi folkloristici, tuttavia sempre valutati col suddetto metro e, come contrappunto, la responsabilità degli intellettuali, considerati non soltanto come portavoce di interessi di classe, ma anche come artisti, come scienziati, come politici, grandi comunicatori di idee. Queste ultime, pur nate in contesti diversi, possono essere trasferite e tradotte in altri. Un esempio tipico è l’abbozzo della sua teoria della funzione delle scienze, ma anche i suoi significativi accenni alla non violenza legati appunto al gandhismo, al tolstoismo, e alla prima fase del Cristianesimo. Non mancano i limiti d’analisi, ma il fatto stesso che questi tre fenomeni siano avvicinati, dimostra come ciò che egli chiama «storicismo assoluto» sia nella realtà una filosofia della prassi, che implica capacità di analizzare situazioni storicamente diverse, idee passate che possono essere riattualizzate dando forma universale a esperimenti ideali nati localmente.
La quarta motivazione è il rinnovamento gramsciano del marxismo, che è rivalutazione del lato attivo dei comportamenti umani. Gramsci ha potuto leggere e quindi riflettere intensamente su La Sacra Famiglia (testo in gran parte opera di Marx) a lui assai caro (e che compensa in parte l’impossibilità di accedere ai Manoscritti del 1844 e alla Ideologia tedesca). Partendo da quel testo a lui noto, Gramsci ha preso atto che la rigida interpretazione de Il Capitale in senso economistico e deterministico dovuto agli epigoni della Seconda e della Terza Internazionale, avrebbe avuto bisogno di essere rovesciata. È vero che la Rivoluzione contro il Capitale, scritta negli anni giovanili, si trasforma, col passare del tempo, in una considerazione e comprensione più attenta dei testi di critica dell’economia politica, ma anche in una loro interpretazione antidogmatica che abbassa a suggestioni metaforiche i residui metafisici di essa. L’espressione Anatomia della società, ripete più volte Gramsci, deve essere interpretata come una «metafora»; il passo della Prefazione del ’59, che gli sta tanto a cuore, sulle potenzialità di sviluppo delle forze storiche e sulla loro maturazione in contesti reali è per lui un criterio di metodologia dell’agire storico.
Nel complesso le quattro motivazioni qui indicate (aggiunte all’acutezza e severità di giudizi sulle culture e sui comportamenti umani) divengono un approccio realistico e moderno a possibili forme di liberazione, niente affatto garantite, ma raggiungibili ove sorgano e si aggreghino volontà riformatrici rivoluzionarie di ampia portata. La storia è drammaticamente carica di sofferenze, in particolare quelle imposte alla borghesia, della cui formazione come classe Gramsci dà una spiegazione tutta fondata su nuove condizioni sociali connesse ad atti ripetitivi e conformismi psicologici, anziché su leggi, ma di cui non nasconde lo spietato cammino. Tragica è stata la vita di Gramsci, tragico il succedersi degli eventi nelle sinistre italiana ed europea. Nei Quaderni del carcere, tuttavia, i temi delle libertà umane e politiche hanno il posto centrale e il passo su Machiavelli (coi suoi riferimenti al Moderno Principe) hanno questa stessa finalità, seppure in tali pagine lo «stare in situazione» coincide, nel linguaggio e talvolta nella sostanza, con forme di analisi datate. Non è un caso però che nel capitoletto intitolato Freud e l’uomo collettivo Gramsci integri i rigori della riforma intellettuale e morale con quelli della filosofia come strumento terapeutico. Egemonia e consenso non sono per Gramsci mezzi di sottomissione, ma di liberazione in una situazione data. L’egemonia, entro la società civile, non fissa le forze portatrici di progresso, ma le problematizza in relazione alle questioni oggettive che si pongono come primarie. Di qui il pluralismo che implica la modificazione della concezione delle forze storiche progressive, la necessità di un loro spaziare con scelte diverse di fronte ad emergenze differenti. Potenzialmente siamo di fronte ad una della forme di più radicale antidogmatismo che la filosofia del nostro secolo abbia saputo darci. Se si accetta come presupposto che le cose così come stanno creino accanto a bisogni spesso artificiali anche sofferenze e disagio, e quindi debbano essere mutate, allora Gramsci è un protagonista del nostro tempo. In gran parte gli autori, i cui nomi sono raccolti in questo volume, hanno letto e apprezzato, pur criticamente, le sue opere. Una così straordinaria «fioritura» non può essere casuale e neppure isolata. Alla solitudine disperata del carcere, aggravata dalla precedente polemica col gruppo dirigente emergente in Urss e dall’incomprensione di una parte dei suoi stessi compagni di partito, si contrappone idealmente il vasto interesse di studiosi e critici del suo pensiero, qui documentato.
La «Fondazione Gramsci», che ha cooperato attivamente a pubblicare in edizione critica quasi tutte le sue opere, è lieta di poter fornire anche questo nuovo strumento di lavoro ed esprime la speranza che esso possa servire sia come approccio a una storia sull’influenza della figura di un autore così ampiamente e variamente studiato sia a sviluppare nuove riflessioni su di lui. Il pensiero di un «classico», come ormai dev’essere considerato Gramsci, è fecondo nella cultura sia quando suscita adesione sia quando è oggetto di critiche.
Un ringraziamento particolare per la realizzazione di questa Bibliografia va all’autore, lo studioso americano John M. Cammett, docente di storia al John Jay College di New York. Preziosa è stata però anche l’opera di aggiornamento ed integrazione della équipe della «Fondazione Gramsci» coordinata da Guido Liguori, alla quale hanno collaborato con felici risultati Patrizia Gabrielli, Maria Luisa Righi e Valeria Vitale.
 
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