 |
Percorso
1921 | 1943
1. Le origini |
2. Nascita del Pcd’I e
avvento del fascismo |
3. L’Italia in esilio
| 4. L’«università»
del carcere |
5. Pace, pane e lavoro
| 6. L’Europa
nella tempesta
Alla fine della Grande guerra la geografia dell’Europa
è profondamente mutata.
In Russia, nel febbraio del 1917, la rivoluzione ha deposto
lo zar e il 7 novembre i bolscevichi, guidati da Lenin, hanno
preso il potere.
Il continente è attraversato da imponenti agitazioni
di operai e contadini.
Nel 1919, a Mosca, nasce l’Internazionale comunista.
Al congresso di Livorno il Psi non accetta tutte le condizioni
per aderirvi e, il 21 gennaio 1921, la minoranza guidata da
Amadeo Bordiga proclama la nascita del Partito comunista d’Italia.
Nel paese dilaga la violenza delle squadre fasciste.
Dopo la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, il re chiama Mussolini
a capo del governo.
Violenze e arresti colpiscono i partiti di opposizione e il
PcdI è costretto ben presto a operare in clandestinità.
Mussolini riesce a superare la crisi attraversata dopo il
delitto di Giacomo Matteotti e nel novembre 1926 mette fuori
legge le opposizioni.
Gli antifascisti sono inviati al confino e incarcerati.
Antonio Gramsci è arrestato l’8 novembre 1926;
morirà il 27 aprile del 1937, dopo dieci anni di carcere.
Gli oppositori scampati agli arresti sono costretti all’esilio.
Il PcdI prosegue l’attività clandestina subendo
l’arresto di migliaia di militanti.
Solo dopo l’avvento di Hitler, i partiti antifascisti
in esilio trovano l’unità, rinsaldata dalla costituzione
dei fronti popolari e dalla partecipazione alla guerra civile
spagnola.
Stalin favorisce la costruzione delle alleanze antifasciste,
ma nel 1939 stipula con Hitler un patto di non belligeranza.
L’ingresso dell’Italia in guerra al fianco della
Germania, il 10 giugno 1940, segna la sorte del regime fascista.
In seguito alle disfatte dell’esercito, il 25 luglio
1943, il Gran Consiglio del fascismo vota le dimissioni di
Mussolini.
Il duce è tratto in arresto e il re affida la guida
del governo al maresciallo Pietro Badoglio.
|
|
Percorso
1943 |1948
1. La Resistenza |
2. Il «partito nuovo»
| 3. Le
cittadine | 4.
Repubblica e Costituzione |
5. Partito di lotta e di governo
| 6. Nel
mondo bipolareLea
L’8 settembre 1943 il governo di Badoglio firma l’armistizio.
Nel Nord Italia, Mussolini, liberato dai tedeschi, dà
vita alla Repubblica sociale italiana.
Nascono i primi Comitati di liberazione nazionale.
A marzo, Palmiro Togliatti, rientrato dall’Urss, annuncia
la “svolta di Salerno” – abbandono della pregiudiziale
antimonarchica e governo di unità nazionale – per
superare le divisioni nel campo antifascista e condurre la guerra
di liberazione nazionale.
Nel giugno 1944, socialisti, comunisti e democratici-cristiani,
firmano il Patto di Roma dando vita alla Cgil, la prima organizzazione
unitaria dei lavoratori italiani.
Nel gennaio-febbraio 1945 Roosevelt, Churchill e Stalin si incontrano
a Yalta e annunciano la defascistizzazione dell’Europa.
La fine della guerra per l’Italia arriva il 25 aprile
1945, con l’insurrezione popolare del Nord, che accompagna
l’avanzata delle truppe alleate.
Togliatti riafferma la linea di unità nazionale e propone
il “partito nuovo”: un partito non di quadri, ma
di massa, pronto ad assumere responsabilità di governo
e a farsi carico della ricostruzione democratica del paese.
Il 2 giugno 1946 gli italiani, uomini e donne, decidono attraverso
un referendum di diventare una Repubblica ed eleggono l’Assemblea
costituente.
Il 31 maggio 1947 termina definitivamente la collaborazione
governativa tra Psi, Pci e Dc: entra in carica il IV Governo
De Gasperi, un monocolore Dc senza i partiti di sinistra.
Con il lancio del Piano Marshall da parte degli Stati Uniti
e la decisione dell’Urss di fondare il Cominform, che
include anche il Pci, ha inizio la divisione dell’Europa
in due blocchi contrapposti.
Comincia la guerra fredda.
Il 18 aprile 1948 è eletto il primo Parlamento della
Repubblica: la Democrazia cristiana ottiene la maggioranza assoluta. |
|
Percorso
1948 |1956
1. La guerra fredda |
2. La lotta per la pace |
3. Il risveglio del Sud |
4. Il mito sovietico |
5. La destalinizzazione |
6. I militanti
La reazione popolare all’attentato a Togliatti, il 14
luglio 1948 mostra le gravi tensioni che attraversano la neonata
Repubblica.
Nel contesto della guerra fredda, i comunisti, esposti a una
dura repressione interna, si impegnano per consolidare il “partito
nuovo” e il loro radicamento sociale.
Dalle fabbriche del Nord alle campagne del Mezzogiorno, dove
sostiene le lotte dei contadini per la riforma agraria, il Pci
mantiene il consenso di larghi strati popolari.
Una attenzione particolare viene riservata al rapporto con gli
intellettuali, che in questi anni scoprono gli scritti carcerari
di Gramsci.
Nello scontro Est-Ovest, il Pci è pienamente allineato
all’Urss, si mobilita contro l’adesione dell’Italia
alla Nato nel 1949 e lancia il movimento dei “partigiani
della pace” nel 1950.
La militanza comunista continua ad essere per molti una scelta
di vita fondamentale, di adesione quasi religiosa a un organismo
la cui vita è scandita da regole e riti ben precisi.
Mentre una generazione di quadri perfeziona la propria formazione
politica nelle scuole di partito, l’identità dei
comunisti è alimentata dal mito sovietico.
A partire dal 1953, anno della morte di Stalin e del fallimento
della “legge truffa”, si aprono nuovi spazi politici
per il Pci, ma anche nuove difficoltà.
Nel febbraio 1956, al XX Congresso del Pcus, Nikita Krusciov
denuncia i crimini di Stalin, propone la “coesistenza
pacifica” e ammette le “vie nazionali al socialismo”.
Togliatti conia la formula del “policentrismo”.
A novembre dello stesso anno, però, l’Urss invia
i carri armati in Ungheria e stronca sul nascere la rivoluzione
democratica.
Il Pci approva in modo incondizionato l’invasione sovietica
dell’Ungheria, malgrado il dissenso del leader della Cgil
Di Vittorio e di molti intellettuali. |
|
Percorso
1956 |1968
1. La difficile coesistenza
| 2.
La via italiana al socialismo
| 3. Il
miracolo economico |
4. Il centro sinistra |
5. Nuovi protagonisti: le donne
| 6. Nuovi
protagonisti: i giovani
Il ’56 segna uno spartiacque nella storia nazionale e
internazionale, con contraccolpi e conseguenze di lungo periodo.
I cambiamenti della politica mondiale provocati dalla decolonizzazione
si intrecciano con la guerra fredda e aprono nuovi scenari.
La “coesistenza pacifica” proposta da Krusciov apre
nuovi spazi al dialogo bipolare, ma le logiche della guerra
fredda si riproducono con la costruzione del Muro di Berlino,
nell’agosto 1961, la crisi dei missili a Cuba, nell’ottobre
1962, l’intervento americano in Vietnam, nell’estate
1964.
Nel contempo, si profila una rottura tra l’Urss e la Cina
popolare, destinata a dividere il movimento comunista internazionale.
In Italia, finisce dopo il ’56 l’alleanza tra socialisti
e comunisti, e si determina una spaccatura nella sinistra italiana
che non sarà mai più ricomposta.
Il boom economico cambia il volto delle società occidentali.
Il miracolo economico italiano, che tra il 1958 e il 1963 registra
l’affermarsi di nuovi modelli di consumo e di vita, suscita
speranze di progresso e di cambiamento, ma pone nuovi problemi.
Ad essi vuole rispondere, dopo il fallimento del governo Tambroni
nel 1960, la formula del centro sinistra, che include i socialisti
per allargare il consenso intorno a un programma di riforme
e isolare il Pci.
Tuttavia il centro-sinistra viene osteggiato da forti resistenze
conservatrici e la sua politica non riesce ad emarginare la
presenza dei comunisti nella società italiana, che resta
vitale e si configura come un fattore di modernizzazione.
Nel “memoriale di Yalta”, scritto poco prima di
morire nell’agosto 1964, Togliatti invoca un cambiamento
nelle società di tipo sovietico e si appella all’
“unità nella diversità”.
Il suo successore Luigi Longo, nell’agosto 1968, condanna
l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, difendendo
il “socialismo dal volto umano” di Dubcek. |
|
Percorso
1968 |1979
1. La «crisi italiana»
| 2. Il
compromesso storico |
3. L’eurocomunismo |
4. Movimenti e cittadinanza |
5. Terrorismi
| 6. Contro
l’imperialismo
Gli anni ’70 rappresentano un passaggio difficile per
la società italiana e per il Pci.
Il decennio si apre sulla scia del ’68 studentesco e del
’69 operaio, ma anche nel cono d’ombra della “strategia
della tensione” inaugurata dalla bomba che il 12 dicembre
1969 esplode alla Banca dell’Agricoltura a Milano.
Da una parte, si avvia una stagione segnata da grandi movimenti
che pongono il problema di un nuovo modello di cittadinanza.
Dall’altra parte, sono anni segnati dalla crisi economica,
che dopo lo shock petrolifero del 1973 colpisce tutti i paesi
occidentali, l’Italia più degli altri; dalla crescente
crisi di legittimità dello Stato e del sistema dei partiti;
dall’esplosione del terrorismo di destra e di sinistra.
Il Pci si fa espressione delle spinte di rinnovamento e di modernizzazione,
e per questo raggiunge il suo massimo storico alle elezioni
amministrative del 1975 e a quelle politiche del 1976.
La proposta del “compromesso storico” sbocca nei
governi di “solidarietà nazionale”, che si
reggono sull’astensione dei comunisti.
Nello stesso tempo, attraverso il progetto dell’eurocomunismo,
il Pci si colloca in una posizione originale nel contesto internazionale
e prende le distanze dall’Urss.
La stagione dell’unità nazionale consente al paese
di superare la crisi economica e di avere importanti riforme
sociali.
Ma politicamente si rivela deludente: i comunisti vengono associati
alle responsabilità di governo senza poterne fare parte,
soprattutto a causa dei vincoli della guerra fredda.
Il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro da parte delle
Br, nella primavera del 1978, priva la Repubblica della sua
più autorevole figura politica e il Pci del suo principale
interlocutore.
Nel 1979 il Pci pone fine alla sua partecipazione alla “solidarietà
nazionale”, mentre l’eurocomunismo si è ormai
esaurito. |
|
Percorso
1979 |1991
1. L’alternativa democratica
| 2.
La democrazia bloccata |
3. La società degli individui
| 4. La
fine della guerra fredda |
5. Nella sinistra europea
| 6. La
fine del comunismo
Gli anni ’80 sono segnati sul piano della politica internazionale
dalla cosiddetta “nuova guerra fredda”, sul piano
della politica interna da una nuova coalizione di centro-sinistra
che esclude il Pci.
Ronald Reagan e Margaret Thatcher impongono in Occidente una
svolta neoconservatrice.
In Polonia il movimento di Solidarnosc dà inizio al declino
finale del blocco sovietico.
In Italia, la violenza e l’eversione conoscono una recrudescenza,
dalla strage alla stazione di Bologna del 1980 alla scoperta
della loggia deviata P2 nel 1981, fino all’assassinio
mafioso del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nel 1982, per
poi allentarsi negli anni successivi.
Durissimo è lo scontro tra il Pci di Enrico Berlinguer
e il Psi di Bettino Craxi, che nel 1983 diviene presidente del
Consiglio, in particolare sugli euromissili e sulla decisione
di rivedere il meccanismo di rivalutazione dei salari, la “scala
mobile”.
Pur raccogliendo circa un terzo dei voti, il Pci conosce una
crisi di identità, soprattutto dopo la morte di Berlinguer
nel giugno 1984.
Mentre nella società si affermano i valori dell’individualismo,
le coalizioni di pentapartito, con al centro la Dc e il Psi,
sono espressione di una “democrazia bloccata” che
aggrava la crisi del sistema dei partiti.
Sotto la guida di Alessandro Natta e poi di Achille Occhetto,
il Pci si avvicina alle forze socialismo europeo e sostiene
la perestrojka di Michail Gorbaciov.
La crisi del comunismo presenta però un carattere strutturale
e anche il Pci ne viene coinvolto.
Subito dopo la caduta del muro di Berlino nel novembre 1989
e l’inizio del crollo dei regimi comunisti, Occhetto propone
di cambiare il nome al partito: è la svolta della Bolognina.
Attraverso due travagliati congressi, il Pci nel 1991, si scioglie
e – scontando la scissione di una minoranza che costituirà
Rifondazione comunista – dà vita al Partito democratico
della sinistra. |
|
|
|
©
copyright 1996, 2015
|
FONDAZIONE ISTITUTO GRAMSCI onlus
| cf
97024640589
|
sede
legale, uffici amministrativi
|
ROMA VIA PORTUENSE 95c
|
tel. 0039 0683901670 fax 0039 0658157631 |
segreteria,
archivi, biblioteca
|
ROMA VIA SEBINO 43a|
tel. 0039 065806646 fax 0039 0658157631
|
|
|